martedì 4 maggio 2010

SOLO LEGGERMENTE PIU' FOLLE - un romanzo di Michele Righini

SOLO LEGGERMENTE PIU' FOLLE (2009)
è il mio primo romanzo
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Per informazioni potete contattare direttamente l'autore sulla sua
MAIL: michele.righini2@virgilio.it

SOLO LEGGERMENTE PIU' FOLLE
narra dei mondi paralleli visitati da Antonio, uno scrittore in crisi, che per ritrovare l'ispirazione scappa via dalla sua vita e si chiude nella stanza di un albergo. Dalla stanza, magicamente, verrà catapultato dentro la sua mente, dentro se stesso, dentro i suoi pensieri, le sue paure, le sue angosce, i suoi desideri proibiti e la sua voglia di evadere dalle restrizioni e le sofferenze della sua vita reale. Dentro questi mondi paralleli e visionari Antonio vivrà un’ alternarsi di momenti angoscianti e altri in cui si libererà di ogni pesantezza terrena, provando sensazioni di leggerezza e di sublime piacere.


BREVI ESTRATTI DAL ROMANZO "SOLO LEGGERMENTE PIU' FOLLE".

DAL CAPITOLO 1:

ESTRATTO
Ci sono dei giorni in cui ogni cosa sembra iniziare nel modo sbagliato. Quei giorni per Antonio sembravano ripetersi all'infinito. Non ricordava della sua vita uno solo di essi in cui non si fosse svegliato con la sensazione terribile di non voler mettere giù i piedi dal letto, e la mattina in cui la nostra storia comincia non era diversa dalle altre per il protagonista che ci accingeremo a seguire nelle pagine di questo libro.
Aprì l'occhio sinistro ma lo richiuse subito, poi aprì il destro ma richiuse quasi subito anche quello, infine riaprì il sinistro e iniziò a scrutare la sua stanza con assoluto sospetto, mentre alcune domande iniziarono a gironzolargli per la testa come un moscone che non se ne vuole andare: “C’era qualcosa di sbagliato nella sua stanza?... O forse c'era qualcosa di sbagliato nella sua vita?”
La sua camera in fondo era normale: le pareti celesti chiare, il soffitto bianco, un lampadario, e tutte quelle cose che si possono trovare in un normalissimo luogo adibito al riposo.

CAPITOLO 2-

ESTRATTO
Cercò di fermare tutti i pensieri che giravano nella sua mente, mettendosi ad ascoltare il rumore quasi impercettibile della macchina.
Guardò fuori dal finestrino le strade deserte della periferia dove era cresciuto, ancora bagnate dalla pioggia caduta poco prima, con le luci dei lampioni che vi si riflettevano dentro.
Il taxi fu costretto a fermarsi ad un semaforo rosso.
Antonio guardò giù, verso l'asfalto. C'era una buca ripiena di acqua piovana e la luce di un lampione vi si rifletteva dentro, mentre i suoi contorni, mossi dal lieve vento che faceva muovere l'acqua, si dividevano e si riunivano continuamente, come se stessero danzando tra loro.

CAPITOLO 3

ESTRATTO
La cosa buffa fu che all'inizio non vide nessuno, poi però abbassando gli occhi vide davanti a se un nanetto che lo guardava in modo rabbioso, mani sui fianchi, indossando una vestaglia da notte azzurra di una taglia decisamente superiore alla sua statura, tanto che questa gli strusciava a terra come fosse lo strascico di un vestito da sposa.
Il nanetto si rivolse ad Antonio in tono minaccioso, aggrottando le sopracciglia e puntandogli un dito contro.
“Come si chiama lei?!”
Antonio era completamente intimidito da quell'apparizione improvvisa.
“Io...io mi...mi chiamo Antonio...Antonio Anselmi...Lei...lei invece?...”
Il nano era sicuro di se e pieno di cattiveria.
“Io mi chiamo Geremia!... Geremia Tribaldi! Abito nella stanza accanto alla sua e sono uno scrittore! Veda dunque di non far rumore perchè io ho bisogno di tranquillità quando scrivo! Glielo faccio presente perchè il tipo che stava qui prima di lei era un casinista incredibile, e naturalmente io non riuscivo a concentrarmi!! Le è chiaro il concetto?”

ESTRATTO 2
Si guardarono per qualche secondo, poi lei fece un dolce sorriso, posò il bicchiere sul tavolo e si alzò lentamente, guardando Antonio in modo sensuale.
Lui respirava profondamente, mentre il cuore gli batteva forte nel petto, come se volesse uscirne fuori.
La ragazza si chinò lentamente su di lui e iniziò a baciargli il collo, con baci lenti, profondi. Antonio avrebbe potuto disegnarne le labbra alla perfezione tanto la loro impronta era reale e calda sulla sua pelle.
Iniziò di nuovo a girargli la testa e gli sembrò di essere ancora sul punto di svenire. Pensò di trovarsi in uno di quei film erotici che aveva visto tante e tante volte, e quando la ragazza gli sussurrò nell'orecchio, con voce calda e sexy un “ti piace?” Antonio rispose, con voce rotta: “Si...Da...da morire...”
Lei allora continuò a baciarlo, mentre lui se ne stava lì, senza riuscire a capire se avrebbe voluto rimanerci per l'eternità o se avrebbe preferito scappare via. Ma quei pensieri si dileguarono velocemente quando la ragazza iniziò a sbottonargli la camicetta, infilando poi, con grande delicatezza, la sua mano destra dentro i suoi calzoni.

CAPITOLO 4

PRIMO ESTRATTO
L'ascensore si bloccò con un rumore forte, quasi assordante. Antonio perse l'equilibrio e fu sbalzato contro una parete, e da questa verso quella opposta.
Le luci si spensero all'istante.
Riusciva a vedere solo il pulsante rosso di allarme che lampeggiava. Si precipitò verso esso e lo pigiò ripetutamente, in modo convulso.
Niente da fare, l'allarme non scattava. Era finita! Questo pensò il ragazzo. Soffriva di claustrofobia e non poteva resistere al pensiero che sarebbe dovuto rimanere dentro a quell'ascensore per molto tempo ancora.
Un rumore sordo risvegliò le sue speranze e subito dopo una botola sopra l'ascensore si aprì lentamente, lasciando entrare una luce forte e bianca.
Il ragazzo si coprì gli occhi con le mani. Mentre la luce si affievoliva, alzò la testa verso l'alto. Lì, affacciato alla botola, vide un ragazzo adolescente, dal volto angelico, che lo guardava con un'espressione preoccupata. Poco dopo si rivolse a lui, con fare agitato e preoccupato.
“Tu...tutto bene?”
Chiese il ragazzo adolescente.
“Chi...chi sei?”
Chiese Antonio, altrettanto agitato e preoccupato.
“Sono un angelo... Non lo vedi?...”
Per dimostrare quanto detto girò la schiena verso il ragazzo, mostrandogli due belle alette che aveva dietro, proprio sopra le scapole.
“Un...un angelo?...Qui...quindi vuol dire che...che sono morto?...”
“Beh, non la farei così tragica fossi in te... Non necessariamente sei morto!...”
“Che...che vuol dire non...non necessariamente?!...”

SECONDO ESTRATTO
Tutto attorno a lui era adesso di un colore bianco e luminoso.
Non si trovava più nel freddo, rosso, scuro lago di sangue, ma all'interno di qualcosa di caldo, soffice, come fosse un ventre materno. Si chiese come mai si trovasse lì e come vi era arrivato, ma furono solo dei pensieri fugaci che vennero portati via dalla meravigliosa sensazione di conforto che adesso sentiva dentro di se.
Andava giù, lentamente.
Si rilassò, chiuse gli occhi e penso' alle cose più belle a cui avrebbe potuto pensare: a quando era bambino e sognava il suo futuro, alla panna con le fragole e a tante altre cose incantevoli. Fu come rinascere e dentro di se iniziò di nuovo a crescere una grande speranza per il futuro, quella che spesso non riusciva più a vedere nei bui giorni della sua vita reale. Ma adesso non era in quella vita, era immerso dentro un'altra dimensione, dentro la vita della sua mente, la vita dei suoi sogni.
E mentre scendeva giù, dentro quel soffice e caldo tessuto, ad un tratto il suo corpo rimbalzò come a contatto con una rete elastica, poi scivolò ancora più giù, e infine si fermò. Mezzo busto, dall' ombellico in su, rimase dentro l'involucro bianco, caldo, morbido e avvolgente, l'altra metà ne rimase invece fuori, con le gambe che si muovevano in una dimensione ancora ignota.
Sentiva solo un lieve vento che carezzava la pelle delle sue gambe, poi tutto il suo corpo iniziò a scivolare di nuovo dentro a quella dimensione ignota, fatta solamente di aria.